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25 Ottobre 2018 By Associazione Cuore Vivo

I cereali integrali abbassano il rischio di diabete di tipo 2

Un ampio studio di popolazione in Danimarca ha confermato con nuovi dati la correlazione tra consumo di alimenti integrali e minor rischio di sviluppare diabete di tipo 2. Aumentare la quota di alimenti prodotti con farine integrali (pane integrale, pane di segale, farina d’avena, muesli) potrebbe essere una strategia vincente per prevenire il diabete di tipo 2.

La ricerca, pubblicata sul numero di settembre del Journal of Nutrition, ha utilizzato una sottopopolazione del Danish Diet, Cancer, and Health Cohort. Si tratta di 26.251 uomini e 29.214 donne delle città di Copenaghen e Aarhus, arruolati nel periodo 1993-1997. I partecipanti hanno compilato un questionario sullo stile di vita, che includeva domande sul fumo e sull’esercizio fisico e un questionario sulla frequenza di consumo di 192 alimenti.

Il consumo medio di alimenti integrali è risultato di 42 g/die per gli uomini e 34 g/die per le donne. I partecipanti sono stati poi suddivisi secondo la quantità di cereali integrali consumati, dal quartile a più basso consumo (27 g/die per gli uomini e 24 g/die per le donne) a quello con il maggior intake di alimenti integrali (60 g/die per gli uomini e 50.8 g/die per le donne).

Durante un follow-up medio di 15 anni il diabete di tipo 2 è stato diagnosticato al 15,7% degli uomini e all’11,3% delle donne (7.417 partecipanti).

Gli uomini nel quartile con il più alto consumo di cereali integrali avevano un rischio inferiore del 34% di diagnosi di diabete di tipo 2 rispetto agli uomini nel quartile più basso. Analogamente, le donne nel più alto quartile di assunzione di cereali integrali hanno avuto un rischio inferiore del 22% rispetto alle donne nel quartile più basso.

In entrambi i sessi il rischio è stato valutato dopo aggiustamento per età, istruzione, attività fisica, fumo, consumo di alcool, assunzione di carne rossa e lavorata, indice di massa corporea e nelle donne, menopausa e terapia ormonale sostitutiva.

Secondo Cecilie Kyrø, del Centro di ricerca Cancer Society di Copenaghen: “Questi risultati sono in linea con altri studi che ci dicono che i cereali integrali possono essere uno dei gruppi di alimenti più importanti per la prevenzione del diabete di tipo 2”.

Gi alimenti integrali (che conservano il germe e la crusca del chicco di grano) migliorano la sensibilità all’insulina, abbassando la produzione postprandiale del glucosio e probabilmente riducendo anche l’infiammazione.

I cerali integrali sono presenti in misura maggiore nell’alimentazione tipica della Danimarca, soprattutto grazie al consumo abituale di pane di segale.

Secondo Rikard Landberg, dell’University of Technology, di Göteborg (Svezia) “gli adulti negli Stati Uniti mangiano in meno di 16 g/die di cereali integrali, e quelli nel Regno Unito consumano 27 g/die mentre in Danimarca, gli adulti mangiano in media 33 g/die (nel 2000-2004) e fino a 58 g/die (nel 2011-2013) di cereali integrali.”

“Questi dati sostengono le raccomandazioni dietetiche che consigliano di sostituire gli alimenti con farina bianca con integrali – conclude Landberg, – considerando che il grano integrale ha anche altri effetti positivi oltre la protezione contro il diabete di tipo 2″.

Esperti di altri paesi, come Sacha Uelmen, direttore della nutrizione per l’American Diabetes Association, fanno notare che questi dati sono solo osservazionali e non stabiliscono un rapporto di causa effetto tra il maggior consumo di cibi integrali e la minore incidenza di diabete di tipo 2.

“Tuttavia – aggiunge Uelmen – questi dati rafforzano ciò che si sa sull’importanza dei cibi integrali nella dieta”.

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25 Ottobre 2018 By Associazione Cuore Vivo

Dieta antinfiammatoria elisir di lunga vita

Frutta, verdura, tè, caffè, pane integrale, cereali per la colazione, formaggio magro, olio d’oliva e olio di colza, noci, cioccolato e quantità moderate di vino rosso e birra. E’ la lista della spesa per seguire la dieta-infiammatoria, elisir di lunga vita. A rivelarlo è uno studio  realizzato dall’Università di scienze della vita di Varsavia, dal Karolinska Institutet, dal Fred Hutchinson Cancer Research Center di Seattle e dall’Università di Uppsala e pubblicato sul Journal of Internal Medicine.

Addio, però, ad alimenti che alimentano infiammazioni come carne rossa non lavorata e trasformata, patatine e bevande analcoliche. Nello studio, che ha coinvolto 68.273 uomini e donne svedesi tra 45 e 83 anni, chi ha seguito questa dieta ha avuto un rischio inferiore del 18% di mortalità per tutte le cause, un rischio inferiore del 20% di mortalità per malattie cardiovascolari e un rischio ridotto del 13% di mortalità per cancro. Buone notizie per i fumatori: quelli che hanno seguito la dieta hanno avuto benefici ancora maggiori rispetto ai fumatori che non la seguivano.

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25 Ottobre 2018 By Associazione Cuore Vivo

Dieta: mai escludere del tutto i carboidrati

Le persone che riducono fortemente i carboidrati nella dieta rischiano di vedere aumentare il loro rischio di morte prematura se riempiono i loro piatti di carne e formaggio invece che di verdute e noci. E, in ogni caso, un introito di carboidrati pari al 50-55 delle calorie non abbassa l’aspettativa di vita. È quanto emerge da uno studio americano pubblicato da The Lancet Public Health.

Una ricerca precedente a questo studio aveva associato una dieta povera di carboidrati a un maggior successo nella perdita di peso a breve termine e a miglioramenti nei fattori di rischio (come per esempio il diabete) di morte prematura. Si sa ancora poco, invece, sui risultati a lungo periodo dell’esclusione dei carboidrati dalla dieta,
Per il lavoro pubblicato da Lancet i ricercatori hanno seguito oltre 15.000 adulti tra i 45 e i 65 anni d’età per circa 25 anni. In questo periodo, 6.283 partecipanti sono morti.Chi ha assunto tra il 50 e il 55% delle calorie dai carboidrati ha avuto rischio di morte più bass per tutte le cause durante il periodo dello studio, rispetto alle persone che avevano una dieta molto più povera o molto più ricca di carboidrati.
Le persone che hanno assunto meno carboidrati hanno mangiato, per compensare, cibi molto diversi da cui sono emersi risultati differenti. “Chi ha sostituito i carboidrati con proteine o grassi animali ha fatto registrare un maggior rischio di mortalità, mentre questa associazione è risultata opposta in chi ha compensato i carboidrati con proteine o grassi vegetali”, sottolinea Sara Seidelmann del Brigham and Women’s Hospital and Harvard Medical School di Boston, autrice dello studio. “Il messaggio chiave di questo studio è che non è sufficiente concentrarsi solo sul taglio dei carboidrati, quanto piuttosto è utile focalizzarsi sui cibi che li sostituiscono”, ha continuato l’esperta.

I ricercatori hanno calcolato che, a partire dai 50 anni, l’aspettativa di vita media era di 33 in chi aveva avuto una dieta con una moderata quantità di carboidrati (che rappresentavano cioè il 50 e il 55% delle calorie complessive assunte). Un’assunzione elevata di carboidrati (oltre il 70% delle calorie) è stata invece associata a un’aspettativa di vita di circa 32 anni. Una dieta povera di carboidrati (meno del 40% dell’apporto calorico complessivo) ha restituito un’aspettativa di vita di 29 anni.

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25 Ottobre 2018 By Associazione Cuore Vivo

Olio d’oliva e sonno ristoratore: il mix perfetto salva-cuore

Un buon sonno ristoratore e assumere olio di oliva con regolarità sono queste le armi per preservare la salute del cuore. A porre l’attenzione sull’efficacia di queste due buone pratiche è uno studio pubblicato su Nature Communications e realizzato dal Saint Michael Hospital.

Tutto ruota attorno al ruolo dei grassi insaturi: dopo la digestione di prodotti che ne sono ricchi, infatti, aumentano i livelli nell’organismo di una proteina, l’apo-lipoproteina A-IV, che è associata a un livello più basso di patologie che riguardano l’apparato cardiocircolatorio.

Secondo lo studio, infatti, riesce a interrompere l’aggregazione piastrinica che causa le occlusioni dei vasi che bloccano il flusso di sangue e che può portare a trombosi, infarto, ictus o morte. “Questo è il primo studio che collega questa apo-lipoproteina con piastrine e trombosi – ha detto Heyu Ni, uno dei ricercatori che ha condotto lo studio – Con questo lavoro abbiamo anche spiegato perché suoi livelli più alti possono rallentare l’accumulo di placca nei vasi sanguigni, noto come aterosclerosi, perché questo processo è anche correlato alla funzione piastrinica”.

I ricercatori hanno anche esaminato l’interazione dell’apolipoproteina A-IV con il cibo. Dopo ogni pasto, le piastrine vengono stimolate, il che rende più facile per loro legarsi insieme o ai globuli bianchi. L’apolipoproteina aumenta quasi subito nel sangue circolante dopo i pasti contenenti grassi insaturi e diminuisce l’iperattività e il legame alle piastrine, riducendo così l’infiammazione dopo i pasti e il rischio di infarto e ictus. Lo studio ha anche scoperto che questa proteina ha il suo ritmo circadiano: è più attiva durante la notte e meno al mattino.

La conclusione è: associamo il nostro buon olio d’oliva Italiano (meglio se marchigiano), rigorosamente extravergine, ad un buon sonno ristoratore.

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25 Ottobre 2018 By Associazione Cuore Vivo

Bevande zuccherate: effetti negativi sul metabolismo

Bevande zuccherate: effetti negativi sul metabolismo

Il senso di benessere che segue l’aver sorseggiato una bibita zuccherata potrebbe essere accompagnato da un altro effetto non così piacevole come l’impennata energetica. Uno studio australiano del Baker Heart e Diabetes Institute di Melbourne, pubblicato su Clinical Nutrition, mostra infatti gli effetti metabolici dannosi sulle persone in sovrappeso e obese che consumano regolarmente bibite analcoliche zuccherate e restano sedute per lunghi periodi.

I ricercatori, guidati dalla specialista in gestione del diabete e di malattie cardiovascolari Bronwyn Kingwell, hanno misurato gli effetti dannosi sul metabolismo del glucosio e dei lipidi, studiando adulti e giovani obesi in un contesto di real life in cui consumavano fino a 750 ml di bevande tra i pasti ogni giorno e con lunghi periodi seduti o comunque inattivi.

I risultati mostrano come il consumo abituale di bevande analcoliche, combinato con lunghi periodi di comportamento sedentario, possa avviare i giovani adulti sulla strada delle gravi malattie cardiometaboliche come fegato grasso, diabete di tipo 2 e disturbi cardiaci. Sebbene la maggior parte degli studi fino ad oggi si sia concentrata sulla relazione tra consumo di bevande analcoliche e obesità, la gran quantità di zuccheri aggiunti in tali bevande ha altri effetti oltre l’aumento di peso.

La responsabile della ricerca Bronwyn Kingwell, che dirige il Laboratorio di fisiologia metabolica e vascolare dell’Istituto, spiega che gli effetti metabolici acuti del consumo di bibite e di inattività fisica identificate in questo studio sono motivo di preoccupazione. “Mentre le malattie legate allo stile di vita come l’obesità aumentano rapidamente e le bevande zuccherate diventano la maggior fonte di zuccheri aggiunti nella dieta, è necessario comprendere l’impatto sulla salute e determinare strategie di prevenzione e di intervento”, scrive.

Allo studio hanno partecipato 28 adulti in sovrappeso o obesi di età compresa tra 19 e 30 anni, consumatori abituali di soft drink. Hanno partecipato a due esperimenti separati in giorni diversi, bevendo bibite analcoliche in uno e acqua nell’altro, sia a metà mattina che a metà pomeriggio, durante un periodo di 7 ore. La combinazione di soft drink e lunghi periodi seduti ha significativamente aumentato il glucosio e l’insulina, riducendo i trigliceridi e gli acidi grassi circolanti, indici di una significativa soppressione del metabolismo dei grassi, in particolare nei maschi

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