Una vita sociale soddisfacente a sessant’anni abbassa del 12% il rischio di sviluppare demenza nei decenni successivi.
Lo dimostra una ricerca, pubblicata su Plos Medicine, condotta su una popolazione di oltre 10mila persone da ricercatori della Divisione di Psichiatria dell’University College of London (UCL), Londra (UK).
Studi precedenti hanno evidenziato che la vita sociale e di relazione gioca un ruolo importante nella prevenzione della demenza, tuttavia, sottolineano i ricercatori, tutti gli studi avevano un follow-up troppo breve per verificare l’importanza della vita di relazione per il mantenimento delle funzioni cognitive nel corso della vita. Questo studio si è posto l’obiettivo verificare l’associazione tra vita sociale e salute cognitiva con un follow-up di ben 28 anni.
Lo studio su contatti sociali e incidenza di demenza
I ricercatori hanno condotto un’analisi retrospettiva dello studio prospettico di coorte longitudinale di Whitehall II su 10.308 dipendenti dei dipartimenti del servizio civile di Londra, di età compresa tra 35 e 55 anni. Lo studio è partito nel 1985-1988 e si è concluso nel 2017.
I contatti sociali dei partecipanti sono stati valutati sei volte attraverso un questionario che riportava la frequenza di contatti con parenti e amici non conviventi. I casi di demenza sono stati accertati con tre database clinici e le capacità cognitive sono state valutate cinque volte, utilizzando test di memoria verbale, fluidità verbale e ragionamento.
Contatti sociali più frequenti all’età di 60 anni sono risultati associati a un rischio di demenza più basso (HR per ogni DS di frequenza di contatto sociale più alta = 0,88 [IC 95% 0,79 – 0,98], p 0,02); l’associazione del contatto sociale a 50 o 70 anni con la demenza era simile, ma non statisticamente significativa.
Un contatto sociale più frequente durante la mezza età era associato a una migliore traiettoria cognitiva successiva: la funzione cognitiva globale era 0,07 (IC 95% 0,03, 0,11), p = 0,002 DS più alta per quelli con il terzile più alto rispetto al più basso della frequenza di contatto sociale, e questa differenza era mantenuta per 14 anni di follow-up.
L’importanza della riserva cognitiva
I risultati di questo studio quindi suggeriscono un effetto protettivo del contatto sociale contro la demenza, sebbene sia possibile che la capacità di mantenere un maggiore contatto sociale sia dovuta a migliori condizioni delle funzioni cognitive.
Andrew Sommerlad, primo autore dello studio sottolinea che questi risultati stimolano politiche di riduzione della solitudine e dell’isolamento sociale come parte integrante della prevenzione delle demenze.
Gill Livingston, professore presso il dipartimento di psichiatria dell’UCL, commenta: “Le persone socialmente impegnate esercitano capacità cognitive, come la memoria e il linguaggio, che possono aiutarle a sviluppare la riserva cognitiva che aiuta le persone a far fronte meglio agli effetti dell’età e di eventuali sintomi di demenza”
Il concetto di riserva cognitiva si riferisce alla flessibilità e alla capacità del cervello di utilizzare le risorse in modi nuovi per risolvere nuovi problemi e sfide. Ad esempio l’istruzione e l’acquisizione di nuove informazioni possono aiutare a creare riserva cognitiva.
Livingston aggiunge: “Trascorrere più tempo con gli amici oltre che favorire il benessere mentale è correlato all’essere fisicamente attivi, due elementi che possono ridurre il rischio di sviluppare demenza”.