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6 Settembre 2018 By Associazione Cuore Vivo

LUNGA VITA CON POCHI CARBOIDRATI …

Una nuova ricerca pubblicata sul Lancet suggerisce che la assunzione di carboidrati“ottimale”, analizzando diete basate sul consumo molto alto e molto basso incarboidrati, si colloca da qualche parte di mezzo, per migliorare la salute a lungo termine per la maggior parte delle persone.

I dati sono quelli di uno studio osservazionale su 15.428 persone (ARIC Study): il consumo di carboidrati moderato è associato al più basso rischio di mortalità.

Inoltre, una meta-analisi degli studi sull’assunzione di carboidrati, che gli investigatori hanno aggiornato con questa e altre ricerche recenti, conferma la relazione a forma di U.

Mentre le diete a basso contenuto di carboidrati che si basano su proteine ​​e grassidi origine animale sono legate a un rischio di mortalità più elevato rispetto alle diete con moderata assunzione di carboidrati, quelle a basso contenuto di carboidratiche consistono di proteine ​​soprattutto di origine vegetale e grassi sono associate a longevità.

Con un follow-up mediano di 25 anni, ci sono stati 6283 decessi: il più alto rischio di mortalità è stato osservato nei partecipanti con il più basso consumo di carboidrati ed in quelli con un’assunzione alta di carboidrati tra il 50% e il 55%.

I ricercatori hanno ampliato la meta-analisi per includere, nello studio corrente, due ulteriori studi. In totale, la meta-analisi ha coinvolto 432.179 partecipanti di otto studi di coorte che hanno studiato l’assunzione di carboidrati, con 40.181 decessi.

Come nello studio ARIC, rispetto al consumo di carboidrati moderato, il rischio di mortalità nella popolazione era significativamente maggiore tra i partecipanti con basso consumo di carboidrati, definito come meno del 40% del consumo dienergia, e in quelli con alto consumo di carboidrati, come definito più del 70% dell’apporto energetico, confermando la curva a U.

La metanalisi ha anche permesso di discriminare la fonte di proteine e grassi dimostrando che, se da fonti vegetali, un più alto consumo di proteine e grassi (e quindi un minor consumo percentuale di carboidrati) si associa a longevità.

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4 Settembre 2018 By Associazione Cuore Vivo

le nuove linee guida cambiano l’approccio al paziente iperteso

“Abbiamo trattamenti efficaci e, teoricamente, il 90-95% dei pazienti dovrebbe avere la pressione sanguigna sotto controllo, ma in realtà solo il 15-20% raggiunge i livelli consigliati. Le linee guida 2018 puntano a migliorare questi bassi tassi di controllo della pressione arteriosa introducendo una strategia di trattamento semplice e più facile da seguire.”

Così Giuseppe Mancia, presidente della Fondazione della Società Europea dell’Ipertensione (ESH) e portavoce della task force che ha elaborato il nuovo documento, sintetizza gli obiettivi delle nuove linee guida sull’ipertensionepresentate al congresso della Società Europea di Cardiologia (ESC 2018), in corso a Monaco di Baviera.

La presentazione delle nuove linee guida sull’ipertensione è stato uno degli eventi più seguiti di questo grande appuntamento internazionale. L’approccio all’ipertensione, infatti, è uno dei grandi temi della medicina e delle politiche sanitarie in tutto il mondo.

Si calcola che a livello planetario più di un miliardo di persone abbia livelli pressori troppo alti, che costituiscono un fattore di rischio per insufficienza cardiaca, fibrillazione atriale, malattia renale cronica, arteriopatie periferiche e declino cognitivo.

L’ipertensione arteriosa colpisce fino al 60% delle persone di età superiore ai 60 anni ed è la principale causa globale di morte prematura, con circa 10 milioni di morti nel 2015, di cui 4,9 milioni dovuti a cardiopatia ischemica e 3,5 milioni a causa di ictus.

La principale novità delle nuove linee guida riguarda il primo approccio terapeutico al paziente iperteso. A differenza dell’edizione precedente, che consigliava di partire con un farmaco a cui aggiungere un secondo in caso di insuccesso, ora si raccomanda una terapia iniziale con due farmaci in una singola pillola, per facilitare la “compliance” del paziente.

Alla base di questa nuova strategia c’è la cosiddetta “inerzia del medico”, ossia la ridotta propensione ad aggiornare la terapia anche se poco efficace, a cui si aggiunge la scarsa aderenza terapeutica dei pazienti, che faticano ad assumere più medicinali, il risultato è un trattamento che non raggiunge gli obiettivi nell’80% dei casi.

Una pillola che contiene due o, se necessario, tre farmaci, secondo gli estensori delle nuove linee guida, potrebbe “trasformare i tassi di controllo della pressione sanguigna”.

Le nuove linee guida sull’ipertensione rivedono anche le soglie di trattamento, raccomandando l’uso di farmaci anche in pazienti che finora venivano solo invitati a cambiare stile di vita, ossia quelli con ipertensione di grado I° medio-basso (140-159/90-99 mm Hg), con pressione arteriosa normale alta (130-139/85-89 mm Hg).
Un’altra importante novità i target di pressione per i pazienti di tutte le età, che in questa nuova edizione sono inferiori rispetto alle linee guida precedenti. Gli obiettivi di pressione sistolica sono ora 120-129 mm Hg per i pazienti sotto i 65 anni di età e 130-139 mm Hg per i pazienti di età superiore ai 65 anni, tenendo conto della tollerabilità del trattamento, del grado di indipendenza e della fragilità dei pazienti e delle co-morbilità.

Una pressione sanguigna inferiore a 120 mm Hg viene invece sconsigliata per qualsiasi paziente, poiché il rischio di danno supera i potenziali benefici.

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4 Settembre 2018 By Associazione Cuore Vivo

Ipertensione, dopo la mezza età il test dell’orologio dovrebbe essere di routine

Il test dell’orologio (clock drawing test), uno dei più comuni esami utilizzati per rilevare il deterioramento delle funzioni cognitive, dovrebbe essere somministrato di routine ai pazienti ipertesi, soprattutto dopo la mezza età, per identificare i soggetti a rischio di demenza.

È la conclusione a cui sono giunti gli autori di una ricerca presentata al congresso della Società Europea di Cardiologia (ESC 2018) in corso a Monaco di Baviera, che ha valutato l’utilità del test del disegno dell’orologio rispetto al Mini-Mental State Examination (MMSE) in 1.414 adulti con alta pressione sanguigna (in media 144/84 mmHg), reclutati da 18 centri di cardiologia in Argentina. L’età media dei pazienti era di 60 anni e il 62% erano donne.

Nel test dell’orologio il paziente viene invitato a riempire con i numeri delle ore un cerchio di circa 10 centimetri e a disegnare le lancette in modo che indichino le quattro meno venti. Il disegno permette di diagnosticare una compromissione moderata o severa delle funzioni cognitive.

https://medicoepaziente.it/wp-content/uploads/2018/08/ClocK_test.jpg

Con il MMSE invece si valutano le risposte a 11 domande a cui viene assegnato un punteggio, in base al quale si può stabilire la presenza di un declino cognitivo di grado moderato o severo.

Nella ricerca presentata all’ESC 2018 il test dell’orologio è stato in grado di rilevare una prevalenza maggiore di casi di disfunzioni cognitive, il 36%, contro il 21% rilevato con il MMSE.

“Il nostro studio – ha detto Augusto Vicario dell’Heart and Brain Unit, Cardiovascular Institute di Buenos Aires (Argentina) – suggerisce che il test del disegno dell’orologio dovrebbe essere preferito al MMSE per la diagnosi precoce della disfunzione esecutiva nei pazienti con pressione alta, in particolare nella mezza età. Pensiamo che il punteggio sul test del disegno dell’orologio possa essere considerato una misura surrogata del danno vascolare silente nel cervello e identifica i pazienti a maggior rischio di sviluppare demenza.”

Vicario ricorda che : “l’ipertensione non trattata, silenziosamente e progressivamente danneggia le arterie nella subcorteccia del cervello e interrompe la comunicazione tra la subcorteccia e il lobo frontale. Questa disconnessione porta a “funzioni esecutive” compromesse come la pianificazione, le capacità visuospaziali, il ricordo dei dettagli e il processo decisionale. Il test del disegno dell’orologio è noto per valutare le funzioni esecutive. L’MMSE valuta diverse altre abilità cognitive, ma è debolmente correlato con le funzioni esecutive. ”

“Il test del disegno dell’orologio – conclude Vicario – dovrebbe essere adottato come strumento di screening di routine per il declino cognitivo in pazienti con pressione alta. Sono necessari ulteriori studi per determinare se l’abbassamento della pressione arteriosa può prevenire la progressione verso la demenza.

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4 Settembre 2018 By Associazione Cuore Vivo

il colesterolo HDL (Buono) in eccesso aumenta il rischio di infarto

Un eccesso di lipoproteine ad alta densità (HDL) quello comunemente definito come buono, può essere associato a un aumento del rischio di infarto miocardico e di morte. Lo dimostra una ricerca presentata al congresso della Società Europea di Cardiologia (ESC 2018), che si è concluso oggi a Monaco di Baviera.

Un dato che potrebbe indurre a riconsiderare la definizione di colesterolo “buono” generalmente attribuita al colesterolo HDL.

“Potrebbe essere il momento di cambiare il modo in cui vediamo il colesterolo HDL – afferma il primo autore della ricerca, Marc Allard-Ratick, della Emory University School of Medicine di Atlanta (USA) – Attualmente i medici dicono ai loro pazienti che più alto è il  colesterolo “buono”, meglio è. Tuttavia, i risultati di questo studio, insieme ad altri, suggeriscono che questo potrebbe non essere vero. ”

Lo studio ha preso in considerazione 5.965 pazienti, per la maggior parte cardiopatici, con un’età media di 63 anni e il 35%  di donne.

I partecipanti sono stati divisi in cinque gruppi in base al loro livello di colesterolo HDL:

  • <30 mg/dl (0,78 mmol/L)
  • 31-40 mg/dl (0,8-1 mmol /L)
  • 41-50 mg/dl (1,1-1,3 mmol /L)
  • 51-60 mg/dl (1,3-1,5 mmol /L)
  • >60 mg/dl (1,5 mmol /L).

Durante un follow-up medio di quattro anni, 769 (13%) partecipanti hanno avuto un infarto o sono morti per cause cardiovascolari. I partecipanti con colesterolo HDL 41-60 mg/dl avevano il più basso rischio di infarto o morte cardiovascolare. Il rischio è aumentato sia nei partecipanti con bassi livelli (<41 mg/dl) sia con livelli molto alti (>60 mg/dl) di colesterolo HDL.

Il rischio di attacco cardiaco o di morte per cause cardiovascolari in chi aveva HDL superiori a 60 mg/dl è risultato superiore del 50% rispetto al gruppo con livelli di colesterolo HDL 41-60 mg/dl.

Questo dato trova riscontro in altri studi di popolazione, che hanno evidenziato i rischi di un livello eccessivo di colesterolo HDL.  “I nostri risultati sono importanti – ribadisce Allard-Ratick – perché contribuiscono a un corpo sempre crescente di prove che livelli di colesterolo HDL molto elevati potrebbero non essere protettivi. Inoltre questo studio è stato condotto principalmente in pazienti con malattia cardiaca accertata. ”

In assenza di una spiegazione chiara sui meccanismi all’origine di questa associazione tra alti livelli di HDL e rischio di eventi cardiaci gli autori ipotizzano che il colesterolo HDL estremamente elevato possa diventare un “HDL disfunzionale” di proteggere dagli eventi cardiovascolari li favorisce.
“Una cosa è certa – conclude Allard-Ratick – il mantra del colesterolo HDL come “colesterolo buono” non dovrebbe più essere utilizzato per tutti i pazienti”.

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31 Luglio 2018 By Associazione Cuore Vivo

Cosa mangiare in estate? I consigli degli esperti ai più piccoli

Tra chi è già partito e chi invece sta aspettando con ansia quel giorno, in tanti si stanno preparando ad accogliere l’estate. I più piccoli sono quelli che già da tempo si godono questo periodo dell’anno tra bagni in piscina e passeggiate nella natura, ma anche qualche strappo alla regola sul fronte alimentare. E così non sono pochi i bimbi che rischiano di tornare sui banchi di scuola con qualche chilo di troppo. Cosa fare, dunque, per trascorrere i mesi estivi all’insegna della sana e corretta alimentazione? E quali, invece, i cibi da evitare? In aiuto arriva il decalogo degli esperti della Società Italiana di Pediatria Preventiva e Sociale (SIPPS), consigli su quali alimenti devono trovare posto in tavola per un corretto sviluppo dei più piccoli.

“La prima regola è mangiare sano, con attenzione soprattutto alla varietà nei tipi di verdure e di pesce, su cui le famiglie italiane sono un po’ carenti, e adottare alcuni accorgimenti, come quello di consumare i pasti in famiglia e coinvolgere i figli nella spesa e nella preparazione dei cibi”.

Gli esperti, inoltre, si soffermano sulla piramide alimentare, modello di corretta distribuzione dei nutrienti nella dieta, anche e soprattutto nel periodo estivo. “Insieme con i cereali ed con un’adeguata assunzione di acqua la frutta e la verdura costituiscono le basi della piramide alimentare. Se ne devono assumere ogni giorno e 2-3 volte al giorno, scegliendo frutta e verdura fresca di stagione che vanno consumate con la buccia, che fornisce fibra, e a pezzi, a morsi perché ciò contribuisce ad aumentare il senso di sazietà. “Ogni giorno – conclude il Presidente Di Mauro – bisogna introdurre una quota di calcio pari a quanto raccomandato per età del bambino, che si ottiene assumendo latte e latticini: dal latte parzialmente scremato allo yogurt naturale con l’aggiunta di frutta fresca, fino ai formaggi freschi”.

Vediamo ora nello specifico il decalogo a cui fare riferimento

Acqua: Portatene tanta, soprattutto se con voi ci sono bambini, se avete deciso di passare molte ore in spiaggia o fuori casa e se la giornata si presenta calda e umida. L’acqua disseta anche più se in una bottiglia da un litro e mezzo si aggiunge il succo di mezzo limone poiché i sali minerali reintegrano quelli persi con il sudore. Il giorno prima potete mettere nel congelatore alcune bottigliette che serviranno a tenere fredde le bevande nel frigo portatile.

Bevande zuccherate: Meglio evitare l’aranciata o la bibita a base di cola, poiché poco dissetanti per la loro alta concentrazione di zucchero. Inoltre, la caffeina contenuta nelle bibite gusto cola, oltre a non essere indicata per i bambini, può provocare disidratazione, pericolosa per chi vuole trascorrere giornate sotto il sole.

The: No a quelli confezionati, troppo ricchi di zucchero e, quindi, di calorie. Il the è un’ottima bevanda che con i suoi flavonoidi ci protegge dai danni dei radicali liberi. Potete prepararlo voi addolcendolo con poco zucchero e tanto succo di limone. C’è anche il the verde, ricchissimo di antiossidanti e con un gusto così delicato che di solito non ha bisogno di essere zuccherato.

Succhi di frutta: Possono diventare un buono spuntino di emergenza, ma non sono comunque sostituti della frutta, unica con il suo contenuto in fibra e il suo alto potere saziante, o dell’acqua perché, pur contenendo vitamine, sono ricchi di zuccheri che rendono queste bevande poco dissetanti ma iperglicemizzanti. In ogni caso, se proprio dovete usarli, scegliete sempre quelli senza zuccheri aggiunti!

Frutta: Decisamente sì, ottima sia come spuntino che a fine pasto. L’estate ce ne offre moltissima: pesche, albicocche, melone, anguria, prugne, susine, pere, fichi, fichi d’india, ciliegie e uva. Ricca di acqua, vitamine, minerali, fibra e fitonutrienti, la frutta non ha controindicazioni.

Pranzo: Evitate piatti elaborati come pasta al forno o timballi, spesso ricchi di grassi che rallentano la digestione e creano sensazione di pesantezza. Un panino può diventare un buon pasto. Scegliete pane fresco e non condito e riempitelo di tanta verdura (pomodori, insalata, verdure grigliate) e qualche fetta di prosciutto o arrosto di tacchino o mozzarella o uovo sodo.

Riso: Un ottimo piatto può essere la classica insalata di riso. Il riso è ricco di amido, un tipo di carboidrato molto digeribile. Usate il riso parboiled che non scuoce e mantiene i chicchi ben separati. Questo vi eviterà di utilizzare molto l’olio. Potete usare i condimenti già pronti ma all’acqua, oppure verdure fresche come i pomodori.

Verdure: Non è comodo né igienico portarsi da casa verdure cotte o insalate. Una valida alternativa possono essere ortaggi come cetrioli, da sbucciare sul momento, o finocchi. Sono ricchi di acqua e di potassio con pochissime calorie. Ottimi come spuntino o da mangiare durante il pranzo.

Secondi: Se nelle vostre insalate di riso o di pasta avete aggiunto del tonno, o del prosciutto, o del formaggio, avete preparato dei piatti unici, che oltre ai carboidrati forniscono anche proteine. Un secondo sarebbe di troppo. Evitate carne panata fritta come può essere quella confezionata, ma anche quella fatta in casa, poiché troppo ricca di grassi. Anche le frittate sono sconsigliate in spiaggia. Pur essendo comode da portare fuori casa, le uova richiedono infatti una lunga digestione.

Divertimento: Giocate insieme ai vostri figli o fate sì che i vostri piccoli non si annoino. Oltre a nuotare, a fare castelli di sabbia ci sono tanti giochi che si possono fare in spiaggia ma anche in montagna. Dove è possibile si può giocare a pallone o a racchette e, perché no? Una bella partita a bocce non ha mai stancato nessuno!

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