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17 Luglio 2018 By Associazione Cuore Vivo

Ipertensione, attenzione agli sbalzi eccessivi provocati dai farmaci!

Uno studio che ha coinvolto per 5 anni oltre 10mila pazienti mostra che due classi di farmaci, comunemente usate nella terapia antipertensiva (alfa-bloccanti e alfa-2 agonisti), provocano una eccessiva variabilità nella pressione arteriosa, che rende poco affidabile il dato rilevato con le misurazioni. Una condizione che è associata a un più alto rischio di morte per eventi cardiovascolari.

Il trial curato dall’Intermountain Medical Center Heart Institute di Salt Lake City (USA) ha seguito per cinque anni 10.500 pazienti con almeno sette prescrizioni di farmaci antipertensivi tra il gennaio 2007 e dicembre 2011. Lo studio si è concluso a giugno 2016. I ricercatori hanno registrato le variazioni nelle misurazioni della pressione arteriosa e le classi di farmaci utilizzate per tenere la pressione sotto controllo.

Lo studio ha rivelato che alfa-bloccanti e alfa-2 agonisti sono associati a una maggiore variabilità della pressione sanguigna.

Va ricordato che uno degli obiettivi della terapia antipertensiva è il mantenimento di un livello costante di pressione sanguigna. Valori di pressione altalenanti sono considerati un fattore di rischio, per esempio uno studio pubblicato sul British Medical Journal nel 2016 ha associato una maggiore variabilità della pressione sistolica con un aumento del 15% della mortalità per tutte le cause.

Secondo Brian Clements, primo autore dello studio presentato al congresso dell’ ACC: “I pazienti devono sapere qual è la loro pressione sanguigna, e se i valori oscillano nell’arco della giornata il paziente dovrebbe cercare con il proprio medico le opzioni farmacologiche che riducono le variazioni. Dove possibile, le due classi di farmaci che mostrano un aumento delle variazioni dovrebbero essere evitate.”

Il dottor Clements ricorda anche alcune regole di base per evitare variabili in grado di influenzare una corretta misurazione della pressione.

  • Sedersi o rilassarsi per 15 minuti prima di misurare la pressione
  • Non fare attività che possono causare stress o far salire la pressione prima di misurarla
  • Fare attenzione che il bracciale per la misurazione non sia troppo stretto o troppo largo

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17 Luglio 2018 By Associazione Cuore Vivo

L’elisir di lunga vita è nel piatto

“Siamo ciò che mangiamo”, recitava il vecchio detto. Nulla di più vero. Le ultime novità che eleggono alcuni cibi ad elisir di lunga vita arrivano dall’Associazione Italiana Gastroenterologi ed endoscopisti Ospedalieri (Aigo) riunitisi al convegno annuale della Federazione italiana delle società delle malattie dell’apparato digerente (Fismad) in corso a Roma.

Nel piatto dei centenari ci sono cose semplici
Ogni pasto è composto in media dal 70% di vegetali, di cui però solo il 20% è frutta perché contiene molti zuccheri, e per il 30% di proteine magre, tutto condito da abbondante olio d’oliva. Gli spuntini sono come quelli di una volta, frutta secca e olive. Insomma, consumare in abbondanza vegetali a ogni pasto, prediligere grassi vegetali, preferire pane e farine integrali, scegliere come fonti di proteine i legumi, le uova, i formaggi e in misura minore il pesce. E’ importante inoltre che gli alimenti siano poco raffinati e non di origine industriale.

Cibo, medicina naturale
“Il cibo è una vera medicina naturale, che cosa si mangia è importante e altrettanto quanto si mangia: uno dei segreti di lunga vita è sintetizzato dal detto giapponese ‘hara hachi bu’, alzarsi da tavola quando si è sazi solo all’80%. Tutti gli studi sulle popolazioni dove si concentra il maggior numero di centenari – dalla Grecia alla Sardegna – mostrano infatti che questi ultimi hanno in comune una restrizione delle calorie assunte”, spiega ilpresidente dell’Aigo.

Omega3 e Omega6
Che il cibo faccia la sua parte nella gara a chi vive più a lungo è confermato anche da uno studio dell’Università della Finlandia orientale, pubblicato sull’American Journal of Clinical Nutrition. Assumere la giusta quantità di Omega 6, contenuti ad esempio in olio di semi di girasole, noci e mais, potrebbe infatti contribuire ad allungare la vita e proteggere da morte prematura. Gli Omega 3 e 6 sono detti acidi grassi essenziali perché la loro presenza è essenziale per l’organismo e contribuisce al buon funzionamento delle cellule e di tutto il metabolismo. In particolare però gli omega 6 polinsaturi sono ritenuti dannosi, se assunti in eccesso. Tra questi il più noto è l’acido linoleico il cui livello nel sangue è determinato dalla dieta: ad esempio ne sono ricchi i semi di soia, di girasole, di sesamo, di arachidi ma anche mais, noci e olive.

Lo studio finlandese
Per capirne meglio gli effetti, i ricercatori hanno determinato i livelli di acidi grassi nel sangue di 2.480 uomini che avevano tra i 42 e i 60 anni all’inizio dello studio, nel 1984-1989. Durante un follow-up medio di 22 anni, 1.143 uomini sono deceduti per malattia, mentre le morti per incidente o altre ragioni sono state escluse. Quando i ricercatori hanno diviso i partecipanti in cinque gruppi in base al loro livello di acido linoleico nel sangue, hanno scoperto che il rischio di morte prematura era del 43% più basso nel gruppo con il livello più alto, rispetto al gruppo con il livello più basso. Il risultato era indipendente rispetto al fatto che i partecipanti avessero sofferto di malattie cardiovascolari, cancro o diabete all’inizio dello studio.

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17 Luglio 2018 By Associazione Cuore Vivo

Il peso risulta influenzato dal salto della colazione e sconvolge i “geni dell’orologio circadiano” che lo regolano

Il peso e il suo mantenimento e/o recupero è fortemente influenzato da abitudini alimentari irregolari; saltare la colazione, per esempio, è spesso associato all’obesità, al diabete di tipo 2, all’ipertensione e alle malattie cardiovascolari, ma l’impatto preciso dei tempi dell’orologio interno del corpo sui pasti, è meno chiaro.

Un nuovo studio, recentemente pubblicato su  Diabetes Care, e condotto dall’Università di Tel Aviv ha identificato l’effetto della colazione sull’espressione dei “geni dell’orologio” che regolano le risposte di glucosio e  insulina post-pasto sia degli individui sani che dei diabetici. Dimostra, più nello specifico, che il  consumo della colazione innesca la corretta espressione del gene dell’orologio ciclico che porta a un miglioramento del controllo glicemico. Il gene dell’orologio circadiano regola non solo i cambiamenti circadiani del metabolismo del glucosio, ma anche il  peso corporeo, la pressione sanguigna, la funzione endoteliale e l’aterosclerosi.

Consumare la colazione prima delle 9:30 AM, rispettando quindi il giusto orario di assunzione del pasto, potrebbe portare a un miglioramento dell’intero metabolismo del corpo, facilitare la  perdita di peso e ritardare le complicazioni associate al diabete di tipo 2 e ad altri disturbi legati all’età.

Per lo studio, 18 volontari sani e 18 volontari obesi con diabete hanno preso parte a una giornata di test con colazione e pranzo e a una giornata di test con solo pranzo. In entrambi i giorni, i ricercatori hanno condotto analisi del sangue sui partecipanti per misurare l’espressione genica del loro orologio postprandiale, glucosio plasmatico, insulina e peptide-1 intatto come glucagone-1 (iGLP-1) e dipeptidil peptidasi IV (DPP-IV). Sia negli individui sani che nei diabetici, il consumo della colazione ha acutamente migliorato l’espressione di specifici geni dell’orologio legati a una perdita di peso più efficiente ed è stato associato a un miglioramento dei livelli di glucosio e di insulina dopo pranzo.

Al contrario, nei giorni di prova che prevedevano solo il pranzo (quando i partecipanti saltavano la colazione), i geni dell’orologio correlati alla perdita di peso erano scarsamente regolati, portando a picchi di zucchero nel sangue e a scarse risposte all’insulina per il resto della giornata, suggerendo anche che saltare la colazione porta ad un guadagno di peso anche senza l’incidenza di consumo eccessivo di cibo durante resto della giornata

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17 Luglio 2018 By Associazione Cuore Vivo

La pasta non fa ingrassare

Già riabilitata dall’Istituto Superiore di Sanità (Iss), la “novità” consiste nel fatto che: la pasta non fa ingrassare. La fake-news che la pasta faccia ingrassare è stata infatti inserita nell’elenco delle “food-fake-news” dall’Iss e ad avvalorare questa tesi arriva ora uno studio del St. Michael’s Hospital, in Canada, pubblicato su BMJ Open, che vede tra gli autori la ricercatrice di origine italiana Laura Chiavaroli e John Sievenpiper.  In pratica lo studio ha analizza le differenze tra la pasta a basso indice glicemico e la maggior parte dei carboidrati raffinati rapidamente assorbiti nel flusso sanguigno. Secondo i ricercatori questa proprietà della pasta provoca un minor aumento dei livelli di zucchero nel sangue rispetto al consumo di cibi con un alto indice glicemico. E’stata effettuata una revisione sistematica ed una meta-analisi di tutte le prove disponibili provenienti da studi randomizzati controllati, identificando 30 ricerche che hanno coinvolto quasi 2.500 persone che hanno mangiato pasta invece di altri carboidrati come parte di una dieta sana a basso indice glicemico.

“Lo studio ha rilevato che la pasta non ha contribuito all’aumento di peso o all’aumento del grasso corporeo”, evidenzia John Sievenpiper. “In realtà – aggiunge – l’analisi ha mostrato una leggera perdita di peso, quindi contrariamente alle preoccupazioni, la pasta può essere parte di una dieta sana come ad esempio quella a basso indice glicemico”. Le persone coinvolte hanno mangiato in media 3,3 porzioni di pasta alla settimana e non altri carboidrati. Da controlli effettuati è emerso che avevano perso circa mezzo chilo in 12 settimane. Gli autori sottolineano che i risultati sono generalizzabili alla pasta consumata insieme ad altri alimenti a basso indice glicemico.

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17 Luglio 2018 By Associazione Cuore Vivo

Cinque consigli per combattere il caldo senza compromettere la nostra salute.

1) Evitare le attività ad elevato dispendio energetico nelle ore più calde della giornata. Preferire la mattina presto o il tardo pomeriggio, evitando accuratamente la fascia oraria 12-15. Un discorso che deve essere valido per tutti, ma soprattutto per i soggetti più fragili, come bambini, donne in gravidanza,anziano e portatori di patologie respiratorie, cardiache o debilitanti in genere. Ozono e caldo, infatti, possono essere un’accoppiata molto pericolosa. 
2) Bere molto, almeno un paio di litri al giorno. Si consideri, però, anche il livello di sudorazione e lo sforzo quotidiano. 
3) Mangiare cose leggere, sia a pranzo che a cena. Ogni volta che uno si appesantisce, infatti, aumenta la richiesta energetica e quindi la fatica. Attenzione, quindi, sia alla quantità che alla tipologia di ciò che mandiamo: meglio frutta e verdura. Da evitare anche le bevande ricche di zuccheri e alcoolici. 
4) Massima attenzione nell’aderenza alla terapia di base, qualora si tratti di soggetti a rischio. 
5) Attenzione alle vacanze nelle località marine, montane, lacustri, ecc. più rinomate, perché di solito queste risultano le più inquinate da traffico veicolare e inquinanti ambientali. In generale, nessuna di queste scelte vacanziere è dotata di un potere terapeutico intrinseco. I pazienti respiratori o cardio-respiratori possono villeggiare ovunque. Debbono fare esercizio fisico, ma proporzionato alla loro condizione patologica. Muoversi è importante, ma è altrettanto importante proporzionare lo sforzo alla propria realtà. Quindi, evitare escursioni di cui non si conosce la difficoltà e, comunque, rallentare o fermarsi quando insorge una dispnea evidente. Quindi, libertà di scelta, ma la scelta deve essere razionale e consapevole.

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