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3 Settembre 2019 By Associazione Cuore Vivo

Over65, ancora molto da fare per migliorare la salute

Gli over 65 sono una fascia di popolazione cruciale per la sostenibilità del sistema sanitario. In costante aumento, per effetto dell’invecchiamento della popolazione, rappresentano ormai un quarto circa sul totale dei cittadini italiani. E molto c’è ancora da fare per migliorare i parametri di salute.

È quanto emerge da Passi d’Argento (PdA), il sistema di sorveglianza della popolazione anziana voluto da Asl e Regioni e coordinato dall’Istituto superiore di sanità, basato su un campione di 40.000 soggetti.

“Anche se si registrano lievi miglioramenti nella lotta alla sedentarietà, rimangono abitudini alimentari sostanzialmente scorrette e un’immunizzazione non sufficiente”, ha commentato,Michele Conversano, presidente di HappyAgeing Alleanza italiana per l’invecchiamento attivo, dal 2014 impegnata a promuovere nel nostro Paese politiche e iniziative per la tutela della salute dell’anzianoInoltre, si conferma la grande disuguaglianza tra le regioni nelle politiche sanitarie messe in atto a favore degli anziani”.

Dieta da migliorare e vaccinazioni insufficienti

I risultati dell’indagine sono eloquenti. Tra gli ultrasessantacinquenni, il consumo medio giornaliero di frutta e verdura è ancora lontano da quello raccomandato dalle linee guida, anche se i problemi accertati di masticazione riguardano solo il 12,7% dei soggetti su base nazionale. Ancora rilevante la quota di persone sovrappeso, che arriva al 43% della popolazione anziana.

La percentuale di vaccinati contro l’influenza arriva al 55% se si guarda al dato nazionale, mentre i dati disaggregati parlano di una quota del 61,7% tra chi soffre di almeno una patologia cronica, e del 44,9% nel resto della popolazione.

Un’altra criticità riguarda la forte tendenza alla medicalizzazione: quasi il 90% degli intervistati da da Passi d’Argento ha dichiarato di aver assunto farmaci nella settimana precedente.

Più attenzione a uno stile di vita sano

In ultimo, gli stili di vita, con piccoli progressi rispetto al passato ma con standard ancora insufficienti per una prevenzione efficace delle patologie e per il mantenimento di uno stato di benessere, pur con dati locali che denunciano forti disparità tra una regione e l’altra. Se  si guarda al fumo di sigaretta, la statistica mostra che il 10% del campione dichiara di essere ancora fumatore. La restante quota si divide tra soggetti che non fumano (63%) o che hanno smesso da oltre un anno. Agli estremi della statistica sui fumatori, la Puglia, dove il tabagismo riguarda il 17% della popolazione di ultrasessantacinquenni, e la Puglia dove arriva al 7,3%.

Per quanto riguarda l’attività fisica, il 60% si ritiene parzialmente o completamente attivo, mentre il restante 38% è costituito da persone che si definiscono totalmente sedentarie. La quota dei sedentari varia dal 21% nella provincia autonoma di Trento al 55% della Basilicata.

A fronte di questa situazione con luci e ombre, la percezione soggettiva degli over65 interpellati è tendenzialmente buona, anzi forse troppo ottimistica: l’87% del campione ha dichiarato di sentirsi in buona salute

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3 Settembre 2019 By Associazione Cuore Vivo

Vuoi prevenire la demenza? Esci con gli amici

Una vita sociale soddisfacente a sessant’anni abbassa del 12% il rischio di sviluppare demenza nei decenni successivi.

Lo dimostra una ricerca, pubblicata su Plos Medicine, condotta su una popolazione di oltre 10mila persone da ricercatori della Divisione di Psichiatria dell’University College of London (UCL), Londra (UK).

Studi precedenti hanno evidenziato che la vita sociale e di relazione gioca un ruolo importante nella prevenzione della demenza, tuttavia, sottolineano i ricercatori, tutti gli studi avevano un follow-up troppo breve per verificare l’importanza della vita di relazione per il mantenimento delle funzioni cognitive nel corso della vita. Questo studio si è posto l’obiettivo verificare l’associazione tra vita sociale e salute cognitiva con un follow-up di ben 28 anni.

Lo studio su contatti sociali e incidenza di demenza

I ricercatori hanno condotto un’analisi retrospettiva dello studio prospettico di coorte longitudinale di Whitehall II su 10.308 dipendenti dei dipartimenti del servizio civile di Londra, di età compresa tra 35 e 55 anni. Lo studio è partito nel 1985-1988 e si è concluso nel 2017.

I contatti sociali dei partecipanti sono stati valutati sei volte attraverso un questionario che riportava la frequenza di contatti con parenti e amici non conviventi. I casi di demenza sono stati accertati con tre database clinici e le capacità cognitive sono state valutate cinque volte, utilizzando test di memoria verbale, fluidità verbale e ragionamento.

Contatti sociali più frequenti all’età di 60 anni sono risultati associati a un rischio di demenza più basso (HR per ogni DS di frequenza di contatto sociale più alta = 0,88 [IC 95% 0,79 – 0,98], p 0,02); l’associazione del contatto sociale a 50 o 70 anni con la demenza era simile, ma non statisticamente significativa.

Un contatto sociale più frequente durante la mezza età era associato a una migliore traiettoria cognitiva successiva: la funzione cognitiva globale era 0,07 (IC 95% 0,03, 0,11), p = 0,002 DS più alta per quelli con il terzile più alto rispetto al più basso della frequenza di contatto sociale, e questa differenza era mantenuta per 14 anni di follow-up.

L’importanza della riserva cognitiva

I risultati di questo studio quindi suggeriscono un effetto protettivo del contatto sociale contro la demenza, sebbene sia possibile che la capacità di mantenere un maggiore contatto sociale sia dovuta a migliori condizioni delle funzioni cognitive.

Andrew Sommerlad, primo autore dello studio sottolinea che questi risultati stimolano politiche di riduzione della solitudine e dell’isolamento sociale come parte integrante della prevenzione delle demenze.

Gill Livingston, professore presso il dipartimento di psichiatria dell’UCL, commenta: “Le persone socialmente impegnate esercitano capacità cognitive, come la memoria e il linguaggio, che possono aiutarle a sviluppare la riserva cognitiva che aiuta le persone a far fronte meglio agli effetti dell’età e di  eventuali sintomi di demenza”

Il concetto di riserva cognitiva si riferisce alla flessibilità e alla capacità del cervello di utilizzare le risorse in modi nuovi per risolvere nuovi problemi e sfide. Ad esempio l’istruzione e l’acquisizione di nuove informazioni possono aiutare a creare riserva cognitiva.

Livingston aggiunge: “Trascorrere più tempo con gli amici oltre che favorire il benessere mentale è correlato all’essere fisicamente attivi, due elementi che possono  ridurre il rischio di sviluppare demenza”.

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3 Settembre 2019 By Associazione Cuore Vivo

Vino rosso amico dell’intestino

Aumenta la varietà dei batteri del microbioma che si trova nell’intestino e aiuta a ridurre i livelli di obesità e colesterolo cattivo: è il vino rosso. A rivelarlo è uno studio del King’s College di Londra, pubblicato sulla rivista Gastroenterology, che però punta alla moderazione: secondo i ricercatori, infatti, i benefici si possono ricavare anche da un solo bicchiere ogni 15 giorni.

Gli effetti del vino rosso sull’intestino sono stati analizzati su tre diversi gruppi di circa tremila persone nel Regno Unito, in Olanda e negli Usa, e dalla ricerca è emerso che il microbioma intestinale dei bevitori di vino rosso era più diversificato di quello di chi non lo beveva, mentre ciò non è stato osservato con il consumo di vino bianco, birra o liquori.

Gli autori ritengono che il motivo principale dei benefici sia dovuto ai numerosi polifenoli nel vino rosso, cioè sostanze chimiche di difesa che hanno molte proprietà benefiche (inclusa quella antiossidante) e agiscono principalmente come ‘carburante’ per i microbi presenti nel nostro sistema intestinale. “Questa ricerca – spiega l’autore principale Tim Spector – fornisce approfondimenti sul fatto che gli alti livelli di polifenoli nella buccia dell’uva potrebbero essere responsabili di molti dei dibattuti benefici per la salute se si beve con moderazione”.

Lo studio ha anche scoperto che il consumo di vino rosso era associato a livelli più bassi di obesità e colesterolo “cattivo”. “Bere vino rosso una volta ogni tanto – il consiglio di Caroline Le Roy, prima autrice dello studio – ad esempio ogni due settimane, sembra essere sufficiente per osservare un effetto”.

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3 Settembre 2019 By Associazione Cuore Vivo

L’esercizio fisico allunga la vita. A qualunque età

L’esercizio fisico riduce il rischio di sviluppare malattie cardiovascolari e anche alcuni tumori. A oggi la maggior parte delle ricerche si è soffermata sull’efficacia dell’attività fisica in alcuni momenti della vita degli individui, senza valutarne l’impatto negli anni.

Un gruppo di ricercatori del Regno Unito ha recentemente pubblicato sul British Medical Journal uno studio incentrato sul rapporto tra attività fisica e longevità in uomini e donne di mezza età e anziani.

Lo studio

Un gruppo di ricercatori di Cambridge – guidati da Soren Brage hanno valutato per otto anni i livelli di attività di uomini e donne che all’inizio dello studio avevano tra i 40 e gli 80 anni. Hanno coinvolto 14.599 partecipanti. Dopo i primi otto anni hanno iniziato a monitorare la mortalità e hanno continuato in media per 12,5 anni.

Durante questo periodo, sono deceduti 3.148 partecipanti, di cui 950 per malattie cardiovascolari e 1.091 per cancro.

I ricercatori hanno misurato l’attività fisica complessiva svolta dai partecipanti, prendendo in considerazione il lavoro e il tempo libero, in termini di energia spesa per chilogrammo di peso corporeo.

Hanno osservato che il passaggio da una vita sedentaria ad un’attività fisica moderata per 150 minuti a settimana almeno – livello minimo di esercizio fisico raccomandato dall’OMS – era associato a una riduzione del rischio di morte per qualunque causa del 24%, di morte per malattie cardiovascolare del 29%, di morte per cancro dell’11%.

Tutti i partecipanti hanno beneficiato dell’esercizio fisico, anche coloro che soffrivano di una condizione cronica grave come malattie cardiache o cancro prima dello studio.

La riduzione del rischio di morte era associata all’aumento dell’attività fisica indipendentemente dai livelli di attività pregressi e persino dal peggioramento di altri fattori di rischio come dieta, peso corporeo, anamnesi, pressione arteriosa e livelli di colesterolo nel corso degli anni.

Le persone che hanno raggiunto livelli di attività “medi” durante lo studio avevano il 38% di probabilità in meno di morire rispetto ai sedentari, in caso di alti livelli di esercizio il rischio era ridotto del 42%.

A livello della popolazione, i ricercatori hanno calcolato che almeno 150 minuti a settimana di attività fisica a intensità moderata potrebbero prevenire il 46% dei decessi associati all’inattività fisica.

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23 Luglio 2019 By Associazione Cuore Vivo

Barbecue estivi senza pensieri: come evitare i rischi per la salute

Un decalogo per “grigliare” in sicurezza. Arrivano dall’American Institute for Cancer Research i consigli per evitare i rischi per la salute causati da una scorretta cottura della carne su barbecue. “Diverse ricerche hanno mostrato che una dieta ricca di carne rossa e lavorata aumenta il rischio di tumori del colon – spiega Alice Bender, Senior Director of Nutrition Programs dell’istituto – e grigliare carne, sia bianca che rossa, ad alte temperature forma sostanze fortemente cancerogene. Ma con pochi piccoli accorgimenti è possibile rendere il barbecue più saporito e anche più salutare”, assicura l’esperta.

Le sostanze cancerogene si generano sia sulla carne stessa, tipicamente sulle parti bruciate, sia a causa delle goccioline di grasso che cadono nel fuoco, che vengono trasformate in idrocarburi che si aggregano al fumo e avviluppano gli alimenti presenti sulla griglia.

Il primo consiglio degli esperti è grigliare diversi tipi di alimenti, non solo le carni rosse, ma anche quelle bianche, il pesce e la verdura. Il pesce, ad esempio, non necessita dei lunghi tempi di cottura delle carni, e quindi sviluppa meno sostanze pericolose. Anche la marinatura, prosegue il decalogo, aiuta a diminuire i rischi, probabilmente per un effetto protettivo della carne da parte dei condimenti usati. Alternare carne e verdure su uno spiedo, avvertono ancora gli esperti, diminuisce l’area esposta alla fiamma ed è quindi più salutare. Erbe e spezie, sottolinea sono molto utili perché contengono antiossidanti che diminuiscono la formazione di sostanze cancerogene.

Altro consiglio è limitare l’esposizione al fumo, mentre è importante pulire bene le griglie per eliminare i residui che rimangono attaccati che hanno la più alta concentrazione di cancerogeni. Un altro accorgimento è ridurre il tempo di cottura, ad esempio tagliando la carne in pezzi più piccoli.

Molto importante è scegliere carbone di legni duri, che bruciano a temperature più basse. E poi ancora, vanno scelte anche carni più magre, o a cui è stato eliminato il grasso, per evitare che questo gocciolando sul fuoco produca sostanze cancerogene, mentre l’ultimo accorgimento è girare spesso la carne, una procedura che riduce i rischi.

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