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8 Gennaio 2019 By Associazione Cuore Vivo

Non prendere peso a Natale: basta poco

Feste senza “grasso aggiunto” se si segue un breve programma di osservazione e mantenimento del peso. È il risultato di uno studio condotto nel Regno Unito e pubblicato da BMJ.

Lo studio
Amanda Farley e colleghi, dell’Università di Birmingham, hanno reclutato 272 partecipanti adulti nel novembre e nel dicembre del 2016 e 2017 e li hanno seguiti per circa 45 giorni. Quelli assegnati al programma di prevenzione dell’aumento di peso hanno perso in media 0,13 kg, mentre il gruppo di controllo ha guadagnato 0,37 kg durante le festività natalizie. “Soltanto il giorno di Natale, una persona può consumare 6.000 calorie, il triplo rispetto alla quantità giornaliera raccomandata”, osserva Amanda Farley.

Precedenti ricerche avevano riscontrato che i periodi di festa sono i momenti in cui spesso le persone prendono peso, senza tendere a perderlo dopo le Feste. Poiché anche un aumento di peso di 453 o 957 grammi all’anno durante le feste si accumulerà nell’arco di dieci anni, il team ha voluto esplorare metodi per contribuire alla prevenzione di questo aumento di peso fin dall’inizio.

I ricercatori hanno solamente detto ai partecipanti avrebbero partecipato a uno studio sull’aumento di peso in inverno. Circa la metà sono stati assegnati a caso a ricevere una brochure generale sulla vita sana.

L’altra metà ha ricevuto il consiglio di pesarsi frequentemente, idealmente ogni giorno, e di “riflettere sull’andamento del peso”. Inoltre, ha potuto contare su 10 suggerimenti su come gestire il peso e su un elenco grafico di cibi delle Feste con il quantitativo di esercizio fisico richiesto per compensare il contenuto calorico di ognuno.

I 10 consigli per la gestione del peso hanno incluso l’adesione a una routine dei pasti regolare, la scelta di opzioni a basso contenuto di grassi, una camminata di 10.000 passi al giorno, la scelta di snack sani, la lettura delle etichette dei cibi, una riflessione più prolungata su grandi porzioni e secondi, una riduzione della sedentarietà, la riduzione di alcolici e bevande dolci, un maggior tempo dedicato ai pasti e l’inclusione nella dieta di cinque porzioni di frutta e verdura al giorno.

L’80% dei partecipanti era di sesso femminile, un terzo era normopeso, più di un terzo sovrappeso e il resto obeso. L’obiettivo dei ricercatori era che i partecipanti non prendessero più di 500 grammi durante le Feste.

Invece, il team ha scoperto che il gruppo studiato ha perso in media poco peso, mentre quello di controllo ne ha guadagnato un po’. La differenza nell’aumento di peso tra i due gruppi era 0,49 kg, una cifra statisticamente significativa secondo il team.
Sulla base delle risposte ai questionari durante il follow-up, le persone del gruppo su cui si è intervenuto hanno totalizzato punteggi più alti per aver praticato la “restrizione cognitiva”. Tuttavia, non sono emerse differenze significative tra i gruppi in termini di cambiamento della percentuale di grasso corporeo, alimentazione emotiva o alimentazione incontrollata.

“Molte persone prendono peso a Natale, ma non è inevitabile”, aggiunge Farley. “È possibile porre un certo freno al consumo di cibi e bevande e seguire semplici indicazioni per essere attivi mentre ci si gode il periodo delle Feste”.

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20 Dicembre 2018 By Associazione Cuore Vivo

L’olio di oliva riduce il peso corporeo?

Una dieta arricchita con olio d’oliva può rappresentare una delle migliori strategie di controllo del peso nelle persone senza precedenti eventi cardiovascolari. Lo dimostra una revisione sistematica con meta-analisi condotta da ricercatori spagnoli.

NUTRIZIONE

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In diversi studi epidemiologici si evidenzia che l’olio d’oliva, come grasso fondamentale nella dieta mediterranea, può contribuire a ridurre l’obesità.
Non è ancora noto, però, se l’olio d’oliva da solo possa apportare una diminuzione del peso indipendentemente dalla dieta seguita.

Con l’obiettivo primario di determinare l’efficacia dell’olio d’oliva nel ridurre il peso corporeo, un gruppo di ricercatori spagnoli ha condotto una revisione sistematica con meta-analisi degli studi randomizzati controllati con un follow-up di almeno 12 settimane di intervento su adulti senza precedenti eventi cardiovascolari per stimare l’effetto di una dieta arricchita di olio di oliva, su peso, girovita e indice di massa corporea.

Lo studio è stato condotto interrogando i database PubMed, Embase, Cochrane plus, Web of Science, Ovid, Scopus, Virtual Health Library (BVS), TDX degli studi pubblicati fino a dicembre 2016.

Sono stati identificati 490 studi, di cui solo 11 hanno soddisfatto i criteri di inclusione. Si è così dimostrato che una dieta arricchita in olio d’oliva ha ridotto il peso più della dieta di controllo; lo stesso si è visto per la circonferenza della vita e per il BMI.

Va precisato che questi benefici sono stati osservati solo quando l’olio di oliva veniva inserito nella dieta nella sua forma naturale e non quando veniva somministrato in forma di capsule.

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20 Dicembre 2018 By Associazione Cuore Vivo

Aumento di peso: l’11% è dovuto alle … voglie

Dal cioccolato alla pizza, dal gelato alla pasta, il desiderio di mangiare determinati cibi in alcuni momenti della giornata è un classico ed è davvero difficile dire di no al cervello quando si impunta; tanto difficile che ben l’11% del nostro peso dipende da questo. A rivelarlo è una revisione di 28 studi sul tema, della Louisiana State University, pubblicata sulla rivista Current Opinion in Endocrinology & Diabetes and Obesity.

Le voglie possono sabotare gli sforzi per mantenere buone abitudini alimentari e un peso corporeo nella norma, indipendentemente dal periodo dell’anno, ma è possibile ridurle con alcune ‘armi’ come cambiamenti nella dieta e attività fisica. Per chi è affetto da obesità in modo importante, anche con la chirurgia bariatrica e con i farmaci. “Il desiderio di cibo influenza ciò che le persone mangiano e il loro peso corporeo, ma ci sono alcune componenti del nostro comportamento e della dieta che abbiamo il controllo – rileva Candice Myers, che ha guidato la ricerca- essere consapevoli di queste voglie ci dà più controllo”.

Ad esempio, un modo provato per ridurre il desiderio di un determinato alimento è quello di mangiarlo meno frequentemente. In altre parole, è meglio rimuovere qualcosa dalla dieta piuttosto che provare a mangiarne piccole quantità. Dalla revisione emerge anche che perdere peso riduce le voglie di cibo, così come il fatto che diversi gruppi socioeconomici possono avere diverse risposte a queste voglie. Ma si sa poco di queste potenziali differenze e sono necessarie ulteriori indagini.

Gli studiosi, che hanno esplorato il tema, avvertono però che le voglie non sono l’unico problema correlato all’aumento di peso o alla perdita. “Il desiderio di cibo è un pezzo importante del puzzle per la perdita di peso e non spiega l’aumento al 100 percento – conclude infatti Myers – sono coinvolti anche molti altri fattori, tra cui la genetica e il comportamento alimentare”.

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20 Dicembre 2018 By Associazione Cuore Vivo

Insufficienza cardiaca: esercizio utile a prescindere dai livelli iniziali di attività

I pazienti con insufficienza cardiaca sistolica stabile traggono beneficio dall’esercizio aerobico a prescindere dal livello iniziale di attività fisica, come emerge da un’analisi secondaria dello studio HF-ACTION, condotto su 1.494 pazienti.

Questo risultato si applica probabilmente a pazienti di un’ampia gamma di livelli di forma iniziale, anche se lo studio non ha investigato specificamente questo punto, come affermato dall’autore Jerome Fleg del National Institutes of Health statunitense. I pazienti con insufficienza cardiaca stabile dunque dovrebbero essere incoraggiati a prendere parte ad esercizi aerobici regolari, idealmente tramite un programma di riabilitazione cardiaca supervisionato.

Nello studio HF-ACTION l’esercizio fisico è risultato associato ad un miglioramento dei sintomi, della mortalità complessiva e dei ricoveri nei pazienti con insufficienza cardiaca, nonché ad una riduzione della mortalità per cause cardiovascolari e dei ricoveri specifici per insufficienza cardiaca.

L’esercizio proposto consisteva in deambulazione o cyclette supervisionati 3 volte alla settimana seguiti da esercizio domiciliare da effettuarsi preferibilmente 5 giorni alla settimana per 40 minuti a sessione al 60-70% della riserva di frequenza cardiaca.

Per quanto alcuni studi abbiano esaminato la correlazione fra livelli iniziali di attività e risposta all’esercizio nei pazienti con coronaropatie stabili, il presente studio è stato il primo ad esaminare questa correlazione nei pazienti con insufficienza cardiaca cronica.

Alcuni esperti affermano che sia difficile istituire programmi d’esercizio che ottengano risultati a lungo termine nella pratica clinica, ed anche nel presente studio l’aderenza all’esercizio era sub-ottimale, ma alcune strategie moderne come l’uso dei contapassi, gli accelerometri e la ripetuta interazione con altri, potrebbero aiutare ad ottenere risultati a lungo termine migliori.

Ad esempio il recente studio IPP ha dimostrato che i pazienti infartuati coordinati da assistenti alla prevenzione e che facevano uso di insegnamenti personalizzati e strategie telemetriche per 12 mesi hanno ottenuto risultati significativamente migliori rispetto all’assistenza convenzionale nel controllo prolungato dei fattori di rischio e nella qualità della vita. Questo genere di programmi andrebbe aperto a tutti i pazienti con insufficienza cardiaca, a prescindere dal loro livello di attività abituale.

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20 Dicembre 2018 By Associazione Cuore Vivo

Patologie cardiache: l’importanza della riabilitazione sessuale

Un programma di riabilitazione sessuale potrebbe contribuire a trattare la disfunzione erettile negli uomini che hanno malattie cardiache. È quanto suggerisce uno studio danese.

“I problemi sessuali hanno un profondo impatto negativo su diversi aspetti come la qualità della vita, il benessere generale, i problemi relazionali e gli outcome psicologici come depressione e ansia”, osserva Pernille Palm, autore principale dello studio del Copenaghen University Hospital Rigshospitalet.

“Per alcuni problemi cardiovascolari come la cardiopatia ischemica, la disfunzione erettile è un problema nell’80% degli uomini, continua l’esperto “I pazienti esitano a chiedere aiuto perché è ancora un tabù. Vogliono che gli operatori sanitari affrontino l’argomento, ma i professionisti della salute in generale non ritengono di avere la competenza o l’intervento corretto da offrire”.

Nello studio CopenHeart, Palm e colleghi hanno randomizzato 154 uomini per continuare con le normali visite ambulatoriali di follow-up o anche per prendere parte a un programma di riabilitazione sessuale di 12 settimane che comprendeva esercizio fisico e psicoeducazione sulla salute e sulla disfunzione sessuale.

Gli uomini avevano o cardiopatia ischemica o un defibrillatore cardioverter impiantabile. La metà aveva più di 62 anni. Quelli assegnati al programma di riabilitazione seguivano un regime cardio e di allenamento della forza, così come esercizi di stretching e del pavimento pelvico, oltre a un programma di counseling su misura, mirato ai problemi e le preoccupazioni specifiche di ciascuno.

Gli uomini hanno risposto attraverso questionari rispetto al loro funzionamento sessuale e al loro livello di benessere all’inizio dello studio, e il team di ricerca ha misurato la capacità di esercizio di nuovo dopo quattro e sei mesi.

Le misurazioni della funzione erettile includevano domande sulla qualità dell’erezione, sulla funzione orgasmica, sul desiderio sessuale e sulla soddisfazione del rapporto sessuale.

Un’altra serie di domande ha misurato la qualità di vita correlata alla malattia.
Il gruppo di ricerca ha scoperto che la riabilitazione sessuale, rispetto alle cure abituali, ha migliorato la funzione sessuale a quattro mesi e sei mesi.

Il programma di riabilitazione ha anche migliorato la capacità di esercizio e la forza del pavimento pelvico. Tuttavia, non vi è stata alcuna differenza tra i gruppi nella componente psicosociale delle valutazioni o nella salute fisica o psichica auto-riferita

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